Essere genitori di un figlio disabile: il valore della resilienza

L’emergenza Coronavirus ha portato con sé la necessità di affrontare grandi tematiche come quelle della gestione dello stress e della resistenza psicologica, e tra tutte c’è una parola che è diventata ormai ricorrente, che è quella di resilienza: ma cosa vuol dire questo termine? Che cosa significa “essere resilienti”?
Il concetto nasce nell’ambito della fisica per indicare la capacità di un materiale di assorbire un urto senza rompersi. La psicologia ha preso in prestito questo termine e l’ha “messo addosso” alle persone, utilizzandolo per definire la capacità di un individuo di far fronte in maniera positiva agli eventi traumatici e di riorganizzare positivamente la propria vita in seguito a delle problematicità: si potrebbero dunque definire i resilienti come “persone d’acciaio” che non si “rompono” davanti alle difficoltà (Sorrentino, 2006). La ricerca ha dimostrato inoltre che le risorse e le abilità associate ad un adattamento più positivo, e quindi ad una maggiore resilienza, non sono necessariamente innate, ma possono essere coltivate e migliorate (VandenBos, 2015). Traslando questo concetto all’interno di un sistema, come quello della famiglia, si fa  sostanzialmente riferimento all’insieme dei fattori che rendono possibile una reazione in senso positivo da parte di tutti i membri, volta ad una riorganizzazione che permetta dunque di riprendersi e di andare avanti.
Un tipo di evento che può essere considerato traumatico per un sistema familiare è la nascita di un figlio disabile. Sebbene siano noti gli aspetti negativi che la disabilità esercita all’interno di un nucleo familiare, è altrettanto importante valorizzare e promuovere gli elementi che permettono di reagire davanti a tale condizione e di trovare il proprio equilibrio: in altre parole cosa significa essere una famiglia resiliente e più in particolare genitori resilienti. Proprio in riferimento alla prospettiva genitoriale, alcuni dati sostengono che i fattori di resilienza maggiormente associati a questo tipo di condizione siano: un utilizzo di strategie incentrate sul reinterpretare le crisi come sfide e sulla crescita psicologica attraverso le avversità, una tendenza ottimistica caratterizzata dal pensiero di poter raggiungere risultati positivi anche in seguito ad un evento critico e la ricerca di supporto sociale (Peer et al., 2014).
A tal proposito sono molto interessanti i dati di uno studio condotto da Gardner e Halmon (2002) che ha esplorato proprio l’esperienza di 6 madri di figli con disabilità intellettiva ed ha messo in luce gli aspetti fondamentali dell’essere genitori resilienti:
  1. Compiere un viaggio emotivo, che consenta di giungere da un iniziale periodo di lutto, dominato da una sensazione di perdita e da un senso di impotenza, ad uno stato di accettazione del bambino e della sua disabilità;
  2. Essere una squadra e collaborare con il partner, che rappresenta una figura da cui ricevere supporto e con la quale condividere il carico della vita familiare;
  3. Riconoscere di poter agire ed essere parte attiva anche nelle decisioni più difficili;
  4. Essere organizzati;
  5. Utilizzare gli aiuti, il ché include anche prendersi dei momenti per “staccare la spina”, senza vivere queste pause in termini di abbandono del figlio o di fallimento come genitore;
  6. Vedere il bicchiere mezzo pieno, riponendo fiducia nelle proprie capacità e in quelle degli altri membri di affrontare i problemi quotidiani;
  7. Prendersi cura di se stessi, inteso non come un lusso, ma come una necessità per vivere meglio anche con gli altri;
  8. Non lasciare indietro nessuno, cercando di trovare un equilibrio tra i bisogni di tutta la famiglia;
  9. Dare un senso alla vita, trovando uno scopo nell’essere genitore e accettando il proprio bambino senza colpa o risentimento, piuttosto valutandone il contributo aggiunto all’interno della famiglia.
Bisogna comunque tenere a mente che ogni situazione è differente ed è giusto che ogni persona trovi il proprio modo di reagire, facendo leva sulle proprie qualità. E proprio perché non sempre è così facile riuscire ad individuare da soli queste doti, diventa fondamentale ricercare un aiuto, specialmente nei professionisti, affinché l’intera famiglia possa arrivare a trovare i propri punti di forza e a creare una storia familiare alternativa che includa una componente realistica di speranza di fronte alla realtà della disabilità. Pertanto, se contare sulle proprie forze rappresenta un buon punto di partenza, bisogna anche sapersi affidare e lasciarsi sostenere: in quest’ottica la creazione di una rete sociale di supporto rappresenta uno strumento fondamentale sul quale la famiglia può e deve fare affidamento nella propria quotidianità.
La tematica della resilienza esposta in questo articolo è ben affrontata nel film “Il figlio della Luna” che soprattutto attraverso gli occhi di mamma Lucia, racconta l’esperienza di essere genitori di un figlio disabile ed è un esempio di come una famiglia possa superare “l’evento traumatico” e riorganizzarsi, riuscendo a trovare il proprio modo di essere coppia, genitori e famiglia ed insieme affrontare il mondo fuori.
Valeria Lomonte

Tirocinante di Psicologia presso l’associazione La Maison

Bibiliografia

  • Gardner, J., & Harmon, T. (2002). Exploring resilience from a parent’s perspective: A qualitative study of six resilient mothers of children with an intellectual disability. Australian Social Work, 55(1), 60–68.

  • Peer, J. W., & Hillman, S. B. (2014). Stress and Resilience for Parents of Children With Intellectual and Developmental Disabilities: A Review of Key Factors and Recommendations for Practitioners. Journal of Policy and Practice in Intellectual Disabilities, 11(2), 92–98.

  • Sorrentino, A. M. (2006). Promuovere la resilienza in famiglie disabili. In Figli disabili. La famiglia di fronte all’handicap. Cortina: Milano

  • VandenBos, G. R. (2015). APA dictionary of psychology. Second edition. Washington, DC: American Psychological Association.